Yoga & Sport in sinergia!

Sportivi, venite a conoscere lo Yoga! 

L’attività sportiva non è esclusivamente fisica, ma contiene anche importanti implicazioni pisco-fisiche, emotive e di conoscenza di sé. D’altra parte l’addestramento mentale e spirituale insito nella pratica dello yoga non può prescindere dall’interazione con il corpo, con gli altri individui e con la natura, come chiaramente indicato nei testi classici e antichi dello yoga, a partire da Upanisad e Yogasutra.

Non ci si può quindi nascondere dietro un dito, negando o “snobbando” una palese relazione tra questi due mondi, e ciò dovrebbe essere considerato senza complessi di superiorità reciproca. È difficile negare che la pratica delle asana sia in prima istanza per molti una forma di ginnastica e non vi è nulla di male in tutto ciò. Viceversa, la conoscenza di sé, della propria mente e della propria natura che scaturisce da una genuina impresa alpinistica, natatoria o quant’altro, non è distante dagli obiettivi di addestramento mentale e crescita interiore che caratterizzano lo yoga.

Lo yoga è una formidabile forma di allenamento psico-fisico per lo sportivo! Prova!

Approfondiamo....la "consapevolezza in movimento"

Lo sport è movimento, le asana dello yoga sono in movimento. Entrambe le discipline possono condividere i medesimi spazi per la pratica: una sala, una palestra, dei tappetini ed eventualmente dei piccoli attrezzi.

Dal punto di vista grossolano sportivo, lo yoga (o meglio le asana) possono innegabilmente apparire come una forma di allenamento funzionale in cui vengono integrati esercizi di forza, flessibilità e coordinazione in modo equilibrato. In tal senso lo yoga include una forma raffinata di attività fisica che si avvicina esteriormente a uno “sport” di qualità, anche se va ovviamente ben oltre.

Va innanzitutto notato che forme di allenamento funzionale di qualità sono piuttosto rare nella pratica sportiva e anche nella preparazione sportiva. Allenamenti squilibrati, sbilanciati e non integrati con uso di macchinari ultra-specializzati, attività traumatiche o usuranti, eccessi di sforzi aerobici: sono molti gli esempi di attività fisica sportiva poco o non pienamente compatibili con lo sviluppo e l’evoluzione di una vera salute psicofisica. In sostanza, in generale l’equazione sport=salute non è sempre vera, così come non lo è l’equazione yoga=salute nel contesto di pratiche estreme e discutibili.

Mettere insieme diverse abilità psicomotorie integrandole in esercizi dinamici intelligenti è il primo passo dello yoga verso la crescita spirituale. Questo è un approccio riscoperto e ritradotto recentemente da molte discipline sportive “intelligenti” e rispettose della natura del corpo, quali la ginnastica posturale, il metodo Feldenkrais, il pilates ecc., e molte altre forme di allenamento a corpo libero.

Quando c’è un allenamento funzionale di qualità, siamo quindi vicini ai principi dello yoga. Cosa offre in più allora lo yoga? Cosa differenzia yoga e sport di qualità?

Lo yoga non è solo la pratica di asana. Nello yoga vengono integrati altri percorsi e tappe di crescita e “allenamento” non solo psicofisico. Si faccia riferimento agli otto rami dello yoga (ashta-anga), del Raja Yoga di Patanjali.

- Il respiro

Nelle pratiche di yoga il controllo e l’attenzione al respiro hanno un ruolo preponderante. I muscoli respiratori fanno parte dell’insieme integrato di tutto il corpo, non rappresentano un ambito a parte che ha vita propria o un’azione indipendente dal resto dell’individuo. In pratica, il respiro va coordinato con il resto dei movimenti corporei. 

Buona parte delle pratiche di yoga più diffuse pongono enfasi sulla coordinazione respiro/movimento. Si pensi alle tecniche di Vinyasa Krama descritte da Sri Krishnamacharya e tramandate ai suoi principali discepoli come Desikachar, Iyengar e Pattabi Jois che le hanno fatte proprie nelle loro rielaborazioni e reinterpretazioni successive.

Anche negli esercizi sportivi di allenamento funzionale di qualità sono indicate precise istruzioni respiratorie, ma nello yoga sono di gran lunga descritte tecniche più approfondite e raffinate riguardo al binomio respiro-movimento. Nello yoga il respiro ha un ruolo centrale e predominante rispetto al movimento. Nello yoga al respiro viene in genere riconosciuta una dignità superiore rispetto all’ambito sportivo. Si può dire che liberare il respiro sia una delle finalità delle asana, perché il controllo del respiro rappresenta una tappa importante per il controllo delle energie sottili del corpo (pranayama). Il respiro ha un ruolo centrale anche quando viene gestito senza associazione con il movimento. La realizzazione di un respiro corretto è per certi versi il fine della pratica delle asana, e non il mezzo come può essere per lo sport.

- La concentrazione e focalizzazione sul corpo

La pratica yogica richiede la focalizzazione sul corpo durante l’esercizio delle asana. Ciò rappresenta un punto nodale dello yoga. Tale concentrazione sul momento presente, sul “qui e ora” del corpo permette di uscire dal “default” della continua agitazione mentale su passato e futuro. Ciò libera la mente e il corpo da somatizzazioni e stress, si acuisce la sensibilità e su più alti livelli e per periodi prolungati in tale stato si p ottenere maggiore consapevolezza. La sospensione delle attività mentali (la “citta-vritti-nirodah” degli Yogasutra) pone il praticante su un più alto livello di coscienza e controllo psico-fisico. In tale stato viene sottratto il “nutrimento” (l’agitazione e distrazione mentale) alla paura e alle emozioni negative. Il corpo si può muovere in modo più preciso e fluido, non più frenato e condizionato dal disordine mentale (la mente è calma, il corpo è reattivo). È notevole come tali principi pratici portati dallo yoga siano stati confermati dalle più recenti scoperte nell’ambito delle neuroscienze. Ad esempio, per la cura di ansia e depressione la focalizzazione sul corpo mediante esercizi psico-fisici sembra essere più efficace e preferibile alla elaborazione del passato o al “pensiero positivo” proiettato sul futuro, utilizzato in molte tecniche psico-analitiche.

Come avviene tale processo di focalizzazione della mente sul corpo? Da cosa è veicolato? Da recenti scoperte in neuroscienze sembrerebbe che i principali recettori utili in tal senso siano quelli relativi al sistema e tessuto connettivo (più importante a quanto pare del sistema propriocettivo). Quindi la focalizzazione sul corpo passa per il tessuto connettivo e viceversa una profonda azione di tonificazione del tessuto connettivo può calmare la mente richiamando potentemente l’attenzione su di esso.

Nella pratica sportiva tipicamente abbiamo paradossalmente una minor focalizzazione della mente sul corpo. Il fatto che il corpo esegua automaticamente dei movimenti utili alla pratica sportiva, non significa che tali movimenti siano sempre consapevoli a livello mentale. Spesso si tratta di automatismi acquisiti nel tempo che non richiedono una presenza mentale consapevole. Durante la pratica sportiva può essere infatti molto comune avere la mente distratta o ascoltare musica e quindi “pensare ad altro”. Addirittura certe attività sportive come ad esempio lo spinning o altre attività aerobiche utilizzano appositamente la musica ad alto volume per anestetizzare la fatica, distraendo la mente. Ciò segna una profonda differenza tra queste attività sportive e lo yoga. La non-focalizzazione sulle sensazioni corporee può forse sopprimere e ottundere temporaneamente la sensazione di fatica, ma può avere effetti collaterali sul controllo corporeo, sull’adattamento a situazioni ambientali in mutamento, e soprattutto sulla consapevolezza e lucidità mentale.

In analogia a quanto discusso in precedenza riguardo all’attenzione sul respiro, una migliore presenza mentale e focalizzazione sul corpo durante il gesto sportivo può significativamente migliorare la qualità e i benefici dell’attività, avvicinandola a una pratica yogica.

L’osservazione interiore che scaturisce dalla presenza mentale permette di gestire meglio le emozioni e paure che possono distorcere la fluidità del gesto sportivo.

- Etica, disciplina, competizione

Lo yoga non può prescindere da un atteggiamento etico corretto e da una ferrea disciplina, come implicito nei concetti di Yama e Nyama. Come sosteneva Iyengar “Senza disciplina etica nessuna esperienza spirituale è possibile”. Si potrebbe dire che tale assunto possa valere anche per “l’esperienza sportiva” e non solo quella spirituale. 

Il rapporto tra Etica e competizione è molto delicato. Nel mondo dello sport competitivo convivono il motto “l’importante non è vincere, ma partecipare” e l’estremismo competitivo che porta al doping. Lo sport agonistico non è in contrasto con lo spirito dello yoga, tuttavia il concetto “del vincere e del perdere” è del tutto estraneo allo yoga. Forse è però più appropriato dire che lo spirito competitivo “dovrebbe essere estraneo allo yoga”; ciò non è sempre vero sia per quanto riguarda i praticanti comuni che anche molti famosi Guru...

In sostanza possiamo affermare che lo sport può essere yoga se praticato con particolare attenzione al respiro, alla presenza mentale sul corpo (dharana) e a validi principi etici. Lo sport può essere yoga quando è conforme a tali pratiche e allora ogni attività e gesto sportivo può trasformarsi in asana e guadagnare in qualità, contenuti e risultati.

- Yoga, Sport, Natura

Lo sport mantiene comunque delle sue peculiarità rivolgendosi spesso all’esterno dell’individuo e interagendo con l’ambiente: molti sport sono praticati in un ambiente esterno mutevole e a volte imprevedibile, mentre lo yoga è praticato sull’immobile tappetino.

Quando nel gesto sportivo c’è respiro, consapevolezza ed etica, l’arricchimento che deriva dal contatto con la natura può essere grandioso.

Pensiamo al camminatore che attraversa un deserto, all’alpinista che scala una montagna, al surfista che cavalca un’onda: la focalizzazione interiore dello stato yogico si arricchisce nella fusione con la natura. L'Atman (lo spirito individuale) incontra il Brahman (lo spirito universale) e si fonde armoniosamente con esso nella presenza mentale interagente con la natura.

Lo stato di focalizzazione interiore ottenuta a contatto della natura nell’attimo presente è una potente forma di liberazione mentale. Il contatto con l’energia della natura sembra potenziare l’effetto della presenza mentale e concentrazione sul corpo dello yoga.

Forse ci sono due strade verso il samadhi, la consapevolezza: la strada dell’immobilità dello yoga, della meditazione statica, e la strada del movimento nello sport “yogico” che possiamo associare a meditazione in movimento. Tale concetto non suona strano o nuovo se, ad esempio, pensiamo agli insegnamenti del grande monaco buddhista Thich Nhat Hanh. La pratica dinamica della meditazione in movimento, della meditazione nell’azione sportiva p essere di grande valore in quanto ci permette di integrare la meditazione nella vita e nelle azioni di tutti i giorni, che sono in continuo movimento. La quotidianità non è statica e la meditazione in movimento può arrivare a permeare tutta la quotidianità. Forse possono essere visti due passaggi in sequenza di uno stesso percorso: dalla meditazione statica isolata dal mondo, alla meditazione dinamica integrata nel mondo. Lo sport “yogico” può rappresentare il veicolo di passaggio tra queste due realtà e quindi assumere un valore spirituale o meglio di integrazione della spiritualità nella quotidianità e nella condivisione con gli altri.

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